Un’ora e mezza di telefonata con Hyst non mi è bastata. Intervistare Taiyo Yamanouchi è complicato, perché ha tanto da dire e le sue parole non seguono ordini prestabiliti e precisi. Proprio come la sua arte. “Faccio ciò che voglio e quando mi va, seguendo le mie passioni con entusiasmo”, mi dice mentre gioca con la figlia al parco. Un uomo e un padre prima che un artista, con la voglia di raccontare il mondo a modo suo.
Sei figlio di un attore e di una giornalista, quanto ha inciso l’utilizzo delle parole nella tua formazione?
“Entrambi lavorano con la voce, ma non vengo da una famiglia letteraria. Mia madre è una speaker, abile nella scelta delle parole, con un lavoro più di enunciazione che di semantica. Mio padre è giapponese e l’italiano deve ancora finire di impararlo (ride, ndr), ma da lui ho preso l’attenzione per i suoni e la vocalità. Inoltre è stato batterista jazz, quindi la musica riguardava anche lui. I miei genitori si sono separati quando ero piccolo, così ho vissuto parte della giovinezza con il compagno di mia madre Stefano Rosso, il padre di mio fratello Jesto. Era un cantautore e suonava la chitarra tutto il giorno. Lui ha rappresentato la mia terza fonte di ispirazione”.
E tu cosa volevi fare da grande?
“All’inizio pensavo di disegnare, ma poi mi sono dedicato alle esperienze più disparate. Non sono uno che pianifica più di tanto. Faccio tutto con passione ed entusiasmo, quando mi va di farlo. Questa mia attitudine mi ha portato a sbattere come una pallina da flipper da un’esperienza all’altra. Solo verso i trent’anni ho realizzato questa cosa di me, provando ad unire i miei strumenti con le passioni”.
Quindi ti definiresti un “raccontatore”?
“Assolutamente sì. Ora, qualsiasi media io utilizzi, sono consapevole della mia istanza narrativa e del mio mondo valoriale. Mi muove la volontà di raccontare, mostrare il mondo come lo vedo io. Ho preso atto della funzione pedagogica dei miei racconti quando i miei fan hanno iniziato a chiamarmi “Sensei”, maestro. Soprattutto all’inizio del mio percorso mi si diceva spesso di essere pretenzioso, di menarmela, ma io non volevo assolutamente questo. Per me era terrorizzante, poi col tempo ho capito che chi diceva questo semplicemente non si ritrovava in quello che dicevo”.
Cos’è per te l’ironia e quanto vale?
“Non potrei mai prescindere dall’ironia, anzi spesso mi rendo conto di utilizzarla in modo esagerato. Osservare la vita attraverso l’ironia è indispensabile, altrimenti verremmo sopraffatti dalla disperazione”.
Cosa rappresentano le arti marziali nella tua vita?
“Per me significano tantissimo, sono la prova del nove di tutto. Gli sport da combattimento hanno delle caratteristiche particolari. Sono individuali, e ciò che facciamo durante la lotta è una metafora di come ci comportiamo nella vita. Il metro attraverso cui conoscere meglio gli altri, capirne gli obiettivi e agire di conseguenza. In uno scontro fisico, come nella vita”.
Sei anche un attore: cosa consiglieresti di vedere a chi non ti ha mai visto recitare?
“Parlando di televisione, direi la prima puntata dell’ultima stagione dell’Ispettore Coliando su Raiplay. Mi viene da consigliarlo perché si tratta di un prodotto action-comedy ispirato al cinema, ed essendo un appassionato del genere io me lo guarderei. Ma capisco che è molto soggettivo (ride, ndr)”.
Hai progetti musicali in cantiere?
“Ho sempre tanti progetti a lungo termine che raramente riesco a concludere. Con Notturno in mi ce l’ho fatta e, probabilmente, è la prima volta che mi succede. Nel mio prossimo lavoro “Samurhyst” vorrei dare sfogo più alla parte rap da battaglia, fatta di punchlines e tutto il resto. Conosco le regole del marketing, so di non seguirle pedissequamente anche perché mi porterebbero troppo lontano dai miei obiettivi finali, cioè disseminare spunti di riflessione e dare strumenti per la lettura della realtà a chi mi ascolta. Quando arriverò alla fine della carriera non voglio essere un artista che ha fatto due volte lo stesso disco”.
Che ne pensi dei rapper su Twitch?
“Penso che Twitch possa essere uno strumento molto attraente per le persone a cui piace comunicare in maniera unilaterale, e molti rapper sono così. La sensazione che si ha è che il pubblico della piattaforma sia un po’ “trash”, di non cercare contenuti di spessore. Detto questo a me piace e vorrei utilizzarla per portare tematiche di qualità. Mi piacerebbe farne un catalizzatore per le mie passioni, dalle arti marziali alla musica, ma sempre con leggerezza e ironia”.
Con tuo fratello Jesto vi sentite spesso? Dicci un pregio che gli ruberesti e una cosa in cui sei più bravo di lui.
“Ora siamo molto distaccati, perché non vive a Milano ma a Roma. Come comportamenti viviamo due esistenze diverse, io sono un genitore e ormai mi muovo in questa dimensione. Un pregio che gli ruberei è il carisma, da quel punto di vista sembra uno sciamano in grado di stregare la folla. Anche suo padre era così. Io invece sono mediocre quasi in tutto, ma con il lavoro sono riuscito a migliorarmi un po’ per volta. Lui su alcune cose è un genio naturale, quindi ha lavorato di meno. Ha un talento visibile, mentre il mio è invisibile”.