Chi è appassionato di rap, spesso finisce per chiedersi: “Qual è il senso del rap?” oppure “Perché si fa musica rap?”. Il dibattito su queste due domande regna sovrano dall’alba dei tempi. Se inizialmente le risposte erano pressoché uguali, negli ultimi tempi le cose sono cambiate. Molto. Proprio qualche giorno fa, ho avuto modo di rivedere alcune interviste fatte a chi di rap se ne intende, come Guè Pequeno e Noyz Narcos. Entrambi sono finiti per parlare del motivo per cui oggi si fa rap, ovvero, e cito: “Per i soldi e per fare il figo con le ragazze”. Sebbene io abbia usato un linguaggio decisamente più edulcorato, il concetto è lo stesso. Ovviamente, è una frase estratta da un discorso più ampio e non va assolutamente generalizzata all’intera scena rap odierna.
Tutto ciò però mi è utile a sottolineare l’importanza di un genere come il rap per la società in cui viviamo. In un contesto sociale come il nostro, purtroppo, c’è un continuo proliferare di gente che si sente esclusa, rinnegata o semplicemente abbandonata. Non a caso, il genere che amiamo viene dalle periferie, da quei quartieri che sono il luogo dove una scelta sbagliata può costare tanto. E allora mi chiedo: “Come si possono aiutare queste persone se non con il rap?”. Un linguaggio che nasce in questi sobborghi e parla la lingua di chi li abita. Fortunatamente, esistono persone che questa domanda se la sono già posta e a cui hanno risposto con la fondazione dell’Associazione di promozione sociale 232.

L’Hip-hop oltre la musica
L’obiettivo della 232APS è quello di promuovere percorsi artistici ed educativi rivolti a minori e giovani adulti attraverso il canale della musica rap. Con laboratori e incontri di formazione, l’associazione entra nei circuiti penitenziari, nelle scuole e, più in generale, nei quartieri per aiutare le persone a mettere i loro problemi in rima e a sputarli su un microfono. D’altronde, tutto è nato così, dal rap americano a quello Made in Italy. Non si tratta di essere puristi o no, rapper vs trapper o tutte quelle discussioni futili. Qui si parla della necessità di dire ciò che si pensa e, per chi non ha tanti modi per farlo, arriva l’hip-hop in soccorso. Con Hip Hop Dietro le sbarre, la 232 APS ha dato la possibilità a chi si trova sotto regime penitenziario di veicolare la propria rabbia attraverso le quattro magiche arti. Anche il loro nome, 232, deriva dal prefisso interno presente nella sala musica dell’IPM “C.Beccaria”, una stanza in cui i detenuti possono sentirsi liberi, almeno per un pò.
Gli esponenti rap nel progetto
A questa nobile causa, hanno preso parte alcuni degli esponenti maggiori del genere. Da Gemitaiz e Madman fino a Ernia e Ensi, i rapper dal grande pubblico sono stati felici di associare il loro nome all’iniziativa lanciata da 232APS. Kento, in particolare, è stato decisamente attivo nella promozione di eventi come questo. Oltre al suo mixtape Barre, il rapper ha pubblicato anche un libro omonimo, frutto della sua esperienza nelle esibizioni e corsi tenuti in istituti penitenziari.
Inside the beat, Outside the box
Se tutto ciò non bastasse, l’associazione ha anche lanciato la campagna Inside the beat, Outside the box con la quale punta a raccogliere fondi per 12mila euro. Se ciò accadesse, il comune di Milano sarà lieto di stanziare ulteriori 18mila euro. Con la cifra totale, il programma di 232Aps è abbastanza chiaro: apertura di quattro nuovi laboratori, quattro incursioni teatrali, la creazione di una rete di mutuo soccorso e un evento finale che vedrà la partecipazione di Jack the Smoker (e altri). Tutto ciò andrà ovviamente a favore dei quartieri difficili di Milano, dove tanti ragazzi potrebbero trovare una via d’uscita grazie al rap.
Non sarà certo un articolo a spegnere il dibattito sul perché si inizi o meno a rappare. Quello che però deve rimanere chiaro, è il motivo per cui questo genere sia nato e la sua incredibile capacità di esprimere le emozioni.