Non è un rapper, ma rima come pochi. Non è una rockstar ma ha i capelli alla Frank Zappa e canta su basi distorte. E’ Caparezza, e ancora una volta non ha deluso. Il 7 maggio è uscito “Exuvia“, ottavo album in studio dell’artista di Molfetta a quattro anni di distanza da “Prisoner 709”. Se nel disco precedente aveva iniziato a mettere a nudo una serie di difficoltà personali, come il problema con l’acufene, con quest’ultimo Capa approfondisce il viaggio all’interno di sé stesso. Un uomo che è uscito dalla sua prigione interiore e che entra in una selva, consapevole dei cambiamenti che l’età e le esperienze gli ha portato ma con il timore di essere preso e rimesso dietro le sbarre. Un fuggiasco armato solo della propria musica.
COMPLESSITA’ ED EVOLUZIONE
Caparezza cambia e si trasforma, senza dimenticare di riempire le sue strofe di citazioni culturali di ogni sorta. Un disco complesso il suo “Exuvia”, sia di contenuto che di forma dati i tanti stili che mostra di saper padroneggiare lungo le quattordici tracce intervallate da cinque skit che fungono da presentazione dei vari temi trattati nell’album. Tematiche variegate ma che conducono con precisione a quella centrale, ovvero l’autoanalisi dell’artista, che riesce per la prima volta a perdonarsi gli errori del passato e lasciare la comfort zone. L’involucro si spacca e lui si evolve, corre per il bosco e verso l’ignoto. L’atmosfera è cupa, kafkiana, e rimanda al capolavoro cinematografico di Fellini “8 1/2”, come affermato dallo stesso Caparezza a Rockol.
Un sentiero di dolore e allegria che sembra ricalcare il percorso della vita, vista stavolta dagli occhi di un uomo maturo che abbandona la critica dissacrante nei confronti della società per parlare di sé e mettersi a nudo. Per farlo si avventura in sonorità aggressive vicine all’heavy metal, più dolci e esotiche come quelle latine de “El Sendero” fino a sconfinare nella trap ma senza mai rinunciare alla profondità dei suoi testi. Salta all’orecchio l’attenzione per la complessità strutturale dei pezzi e la ricercatezza di linee di basso ritmate che caratterizzano brani come “Contronatura” e “Eterno Paradosso”. Da notare l’abbandono quasi totale della voce nasale che è stata per anni suo marchio di fabbrica. Maturo, articolato e sempre pronto a tagliare con le parole. In particolare se la prende a più riprese con l’ultima generazione di trapper, criticandone contenuti e omologazione. Lui che ha sempre cercato l’originalità non poteva fare altrimenti.
VIAGGIO IN 14 TAPPE CON 5 SOSTE
L’opener “Canthology” è un viaggio di autocitazioni, durante il quale Caparezza ripercorre tanti brani celebri del suo passato. L’effetto nostalgia per i fan è assicurato e il ritornello di Matthew Marcantonio, cantante dei Demob Happy, lo impreziosisce. “Fugadà” racconta della sua fuga, appunto, mentre in “Campione dei Novanta” si esibisce in una pioggia di incastri e rime su base trap. “Contronatura” ed “Eterno Paradosso” sono caratterizzate da giri di basso coinvolgenti e ritmi serrati, mentre il secondo singolo estratto dall’album “La Scelta” ci racconta la storia di due persone contrapposte, come ci dice lo stesso Capa in un post su Instagram:
“Il primo è Beethoven, un musicista che ha composto fino alla morte nonostante sia stato continuamente bersaglio delle avversità, nonostante una dannata otosclerosi gli abbia impedito di godere del proprio talento rendendolo sordo a 30 anni per esempio. Ovviamente Beethoven indica la strada della consacrazione all’arte. Di diversa opinione è l’altro guardiano, Mark Hollis dei Talk Talk, scomparso di recente. ‘O faccio il tour o faccio il padre’ avrebbe detto durante un’intervista. Mark ha abbandonato i lustrini dello spettacolo nel pieno della sua ascesa, dedicandosi sempre più di rado alla sua carriera discografica”.
Caparezza, “La Scelta”
Qui l’artista ci dice di come entrambe le opinioni lo interessino e lo affascinino, nella continua ricerca di stimoli di cui un cantautore ha bisogno. “Azzera Pace” ci mostra un Caparezza vecchio stampo, con voce nasale e ritornello orecchiabile, che parla della sua voglia atavica di evitare le mode e fare di testa propria. “Eyes Wide Shut” invece è quasi heavy metal, e nonostante non abbia un timbro particolarmente aggressivo Capa risulta credibile anche in questa veste. L’album prosegue con le interessanti “Come Pripyat” e “Il Mondo Dopo Lewis Carroll”, con ritornelli catchy e significati ben più profondi rispetto a quello che un ascolto disattento può mostrare. L’ultimo trittico comprende “Zeit!”, “La Certa” e “Exuvia”, primo singolo estratto dal disco. La title-track rimane uno dei punti più alti e incarna l’atmosfera oscura che pervade l’intero disco.
L’ottavo album di Caparezza è complesso nei significati, ma la cura musicale che lo caratterizza gli consente di essere gradevole anche a chi non ha voglia di ascoltarlo tante volte e leggerne i testi. Un prodotto efficace e variegato, probabilmente più riuscito del precedente, che si presta anche ad un’ottima fruizione in sede live. E in molti non vedono l’ora.
Qui sotto potete ascoltare l’album per intero su Spotify.