A distanza di ben tre anni dalla pubblicazione del suo primo singolo ufficiale su Spotify, Horia, Leon Faun è uscito con il suo primo album. Già da subito il rapper aveva attirato l’attenzione su di sé, introducendo l’ascoltatore nel suo universo incantato, così distante e allo stesso tempo così vicino al nostro. La musica è il mezzo per accompagnarci e guidarci in questa storia, la quale si dirama negli intricati testi e significati intrecciati dal rapper: immergiamoci in C’era Una Volta.
Una raccolta di 13 brani, tra cui molti inediti, tre singoli già precedentemente rilasciati e un remix. Menzione d’onore poi per il pezzo finale, una versione orchestrale del singolo Occhi Lucidi, rimaneggiato con maestria, in una chiave assolutamente originale, dal produttore Eiemgei.
I brani presentano un distacco abbastanza netto tra loro ma mantengono un filo di congiunzione, come organi di un vero e proprio corpo: tutti diversi tra loro seppur tutti inevitabilmente collegati.

C’era una volta: la tracklist
Una delle prime cose che si possono notare leggendo la tracklist è la scarsa presenza di featuring: il primo album è per ogni artista un passo decisamente importante, si pensi ad esempio a Tedua, che in Mowgli non ospitò alcun cantante. È il voler dimostrare, al pubblico e a sé stessi, di saper camminare sulle proprie gambe, e di riuscire a creare svariati pezzi anche senza la collaborazione di un artista esterno.
Il disco di apre con la title track, C’era una volta. Il pezzo è costruito su una produzione molto particolare del compagno inseparabile di Leon, Duffy, che ha curato tutte le strumentali del disco. Il brano risulta quindi ben ritmato, ma comunque, mantiene un certo tono cantilenato; il che inizialmente potrebbe far pensare ad una nota di demerito, ma in questo caso non è così: il brano è quasi una fiaba che viene raccontata da un cantastorie, che intrattiene chiunque lo voglia ascoltare con fiabe affascinanti; non punta sulla musicalità, ma sul contenuto del brano. Leon Faun dunque, in questa opening del disco, è quasi un cantastorie che racconta una fiaba ai passanti, o in questo caso, agli ascoltatori.
Il pezzo successivo è Camelot, singolo uscito qualche giorno prima della pubblicazione del disco. E’ piuttosto diverso dal precedente e permette al rapper di performare in una maniera più cupa e intensa, facendo emergere anche le sue qualità vocali. Il titolo, come spesso è accaduto in passato nella carriera di Leon, fa riferimento a una leggenda, quella di Re Artù: Camelot era infatti la fortezza del condottiero, un luogo insidioso per le battaglie; per Leon probabilmente, tornare da Camelot vuol dire aver sconfitto i suoi demoni, le sue paure.
Poi Poi Poi è un brano decisamente più movimentato e, come Camelot, fa emergere la grande ed espressiva vocalità dell’artista. Il suo ritmo è coinvolgente, e alterna momenti più esuberanti a momenti di calma piatta, che fungono da preludio per i primi. La presenza di Madame in questo brano è essenziale, in quanto spacca in due il brano, pur uniformandosi bene allo stile di Leon: la sua voce è perfetta per questa canzone.
Decisamente più curioso è il beat intessuto da Duffy per Alla Luna. Il brano è piuttosto particolare, e si ricollega bene a un pezzo come Oh Cacchio, che ha portato al successo l’artista; il flow è vario, cambia nel corso del pezzo, e tiene l’ascoltatore attento e a tratti anche divertito.
Il taglio netto invece arriva con Le Mie Note: la traccia presenta delle melodie melanconiche e Leon esprime bene, senza rinunciare al suo stile movimentato, quel sentimento di tristezza che cerca di far arrivare a chi ascolta il pezzo. Ernia non può che contribuire a donare alla canzone un’aria ancora più cupa, con la sua voce intensa e profonda e con le sue parole taglienti.
Come? e OMG (freestyle) tornano ad abbracciare lo stile di Oh Cacchio, che già avevamo sentito in Alla Luna, riportando molto a quell’immaginario e sonorità particolari che hanno reso grande Leon Faun.
Freddie Vibes si distacca da questi brani e riprende sonorità più allegre e orecchiabili. Nel testo il rapper parla di un’icona come Freddie Mercury, aggiungendo che non sarebbe mai stato tale al giorno d’oggi, mentre molti artisti attuali, negli anni Ottanta, sarebbero risultati fragili.
Prima delle due tracce finali, lo spazio viene lasciato ai singoli rilasciati precedentemente: si hanno infatti Occhi Lucidi, il remix de La Follia Non Ha Età insieme a Dani Faiv e Gaia. Tutti pezzi importantissimi che hanno accompagnato Leon nella sua strada verso l’uscita dell’album.
Le ultime due tracce sono estremamente particolari: Ricordi Bui e Occhi Lucidi in versione orchestrale.
Ricordi Bui inizia con delle sonorità che ricordano molto quelle di The Weeknd, ad esempio, in Final Lullaby: note lunghe, tristi e malinconiche. Dopo poco però il pezzo cambia completamente e assume un tono totalmente diverso; la pazzia del Giovane Fauno prende il sopravvento, sputando con cattiveria rime a non finire sul beat e donando alla canzone tutt’altro tono. Un qualcosa di inaspettato, se si considera l’inizio del brano.
Della versione orchestrale di Occhi Lucidi invece si è già parlato: Eiemgei regala ai fan questo capolavoro musicale, abbinando la potenza delicata degli archi alla voce altrettanto potente ed al contempo delicata di Leon.
Il distacco da Mairon
Gaia è un singolo rilasciato da Leon Faun diverso tempo fa, più precisamente il 20 Marzo 2020, ed esprimeva la volontà del rapper di distaccarsi da quel creato fiabesco che aveva introdotto nei suoi brani, che porta il nome di Mairon. Gaia infatti non è altri che la Terra, e Leon dice di volersela riprendere.
In questo disco, il processo è portato a compimento: calano i riferimenti fantasy, aumenta l’introspezione e la concretezza dei fatti di cui canta, pur senza rinunciare alla ragionata follia che lo ha sempre contraddistinto.
Il protagonista di questo disco non è più il rapper immerso in un mondo incantato, ma è lui stesso rapportato ad un qualcosa di ben più tangibile: la terra.
Il Giovane Fauno ha chiuso le porte di Mairon, ma ha finalmente aperto i cancelli che incatenavano il suo immenso universo personale. C’era Una Volta: benvenuti nel mondo di Leon Faun.