Dalla provincia di Bergamo alla collaborazione con Giaime, fino alla pausa per ritrovare sé stesso: Etse Gringo, nome d’arte di Lorenzo Agosti, ci ha parlato della sua storia e del nuovo singolo “Giovane Profeta”.
Domanda di rito, ma che può servire a chi non ti conosce per inquadrarti meglio: come ti sei avvicinato al rap e quando hai cominciato a scrivere?
“Per quanto riguarda la musica ci sono sempre stato a contatto, grazie a mio padre che mi regalava i dischi da piccolo: il primo che mi ha dato era di Bob Marley. Sono cresciuto in un ambiente dove si respirava molta musica ed ho iniziato a scrivere e poi, un po’ più tardi, a pubblicare canzoni. Era più una stesura dei miei pensieri, di una mia visione generale del mondo. Ho sempre avuto l’esigenza di esprimermi: da piccolo disegnavo tanto, era quello il metodo che utilizzavo prima del rap.”
Negli ultimi anni sono esplose molte realtà collettive legate al territorio, penso alla scena di Genova con i ragazzi di Wild Bandana o la quella napoletana nell’ultimo anno, tu invece sei riuscito ad emergere da solo…
“Ho mosso i miei primi passi in provincia 7-8 anni fa e a Bergamo non c’erano luoghi dove andare a registrare, probabilmente non c’è mai stata una realtà, o almeno io non l’ho mai percepita. Non vengo da una realtà Hip hop, dai luoghi di aggregazione come Piazza Dante, io vengo dalla provincia. La mia fortuna è stata quella di conoscere Retraz (produttore bergamasco ndr.), per me la realtà a Bergamo era lui. Gli ho scritto su Facebook tra il 2013 e il 2014, chiedendogli di poter registrare da lui il mio EP e così ci siamo conosciuti: per me lui era l’unico punto di riferimento in questa città. Da lì, io e lui siamo partiti a martello e abbiamo iniziato una collaborazione che poi è diventata una forte amicizia. Per quanto riguarda il territorio, anche se Bergamo per mentalità non è mai stata una città Hip hop, non significa che non possa diventarla. Io ci credo tanto. Ora che mi sono spostato in città la sto vivendo di più. Vedo che la gente ha voglia di avere un’identità da spingere a livello locale e io voglio rappresentarla. È il motivo per cui mi sono trasferito, oltre a voler uscire da certe storie: voglio portarmi questa città sulle spalle.”
Nelle tue canzoni fai molti riferimenti alla Bibbia, in particolare all’Antico testamento. Il tuo stesso nome d’arte è una storpiatura di Ezechiele, celebre profeta… Qual è il tuo rapporto con la religione?
“Io sono super fedele: è un discorso veramente grandissimo. Etse Gringo parla di strada, io in strada ci vedo un sacco di cose che poi riconduco a immagini bibliche, perché credo che quello sia un mondo pieno di figure incredibili, di fonti di ispirazione, sia per un credente che per un non credente. Ci potrebbero fare una fiction sull’Antico testamento: ci sono messaggi, figure, meccanismi veramente incredibili. Io sono un fedele, mi ritengo tale perché credo in Dio: viviamo in una società dove si pensa che la realtà sia tutta davanti a noi, con uno smartphone c’è chi crede di sapere tutto del mondo, io invece credo che le cose importanti e che le verità non si vedano. Questo è il mio modo di credere, di approcciarmi alle cose: quando io credo in qualcosa lo faccio intensamente. Per me la musica non è solo un modo per esprimermi e svagarmi: credo che con la musica si possa mandare un messaggio e cambiare delle vite, delle prospettive, delle idee. Mi piacerebbe vivere in un mondo dove le persone credano di più, non in Dio, ma in quello che fanno, nella speranza, nei valori. Oggi si pensa che ci siano un sacco di cose importanti, come il lavoro, i soldi… A me non interessa. Mi interessano le idee, le persone, portare un messaggio e questo va in parallelo con una spiritualità molto forte.”
Come se fossi un profeta dei nostri tempi…
“Esattamente: profeta innanzitutto perché mando un messaggio, porto un messaggio, lo porto per la mia gente e soprattutto mi ritengo un portavoce, un mezzo. Non sono io ad essere importante, ma il contenuto. Non è né il personaggio, né la persona: io mi spoglio di tutto e sono il messaggio che porto.”
E qual è questo messaggio che stai cercando di portare?
“Io parlo di strada, ma la strada non intesa come storie di pistole e fare i gangster, anche quella è strada, però è una piccola parte della strada. Quando io parlo di strada, parlo di gente, di brutte situazioni che i ragazzi comuni possono vivere, ma benché ne parli in modo crudo, scavando nel profondo si può trovare un messaggio di speranza: credere in un futuro migliore per tutti.”
C’è stato un momento in cui la tua carriera sembrava in ascesa, dopodiché ti sei fermato: cos’è successo a Lorenzo in quel periodo?
“Ne ho parlato un po’ nel video che ho pubblicato la settimana scorsa. Nel 2017/18 ho realizzato Atti EP, sono finito su Esse Magazine, ho fatto il featuring con Gimmi (Giaime ndr.): è stato un momento florido perché erano mesi che collaboravo con Retraz e quello è stato un anno pieno di soddisfazioni in cui pensavo solo alla musica e a scrivere. Stavo ancora dai miei in quel periodo, me ne sono andato nel 2018, e, come dico nel video, ho avuto una serie di problemi: partendo da quelli che possono avere tutti i ragazzi con un obbiettivo, ma non hanno troppi aiuti. Ho sottovalutato certe cose come cattive abitudini, vizi, frequentazioni, stile di vita che mi hanno portato a un crack: ho lasciato andare la musica per rimettermi in sesto dal punto di vista umano. Mi sono trasferito a Bergamo e mi sono allontanato da quello stile di vita. Lì è stato Retraz ad accorgersi di questo pericolo e mi ha detto che me ne dovevo andare, che dovevo venire a Bergamo e mi ha aiutato a cercare casa. Adesso sono qui più lucido che mai, più carico che mai, abbiamo tanto materiale da buttare fuori nel 2021. L’anno prossimo ce la voglio fare, anche perché ho avuto la fortuna di farmi una fanbase, non esagerata, ma veramente solida. Ricevo tutti i giorni messaggi da persone che credono tanto in me: nel 2017/18 sono riuscito a seminare bene e ne sto raccogliendo i frutti ancora oggi perché ci sono un sacco di persone che aspettano il mio ritorno, che mi stimolano e questa è una cosa importantissima. Adesso ho tolto tutte le distrazioni di torno e sono pronto.”
Andiamo indietro nel tempo: siamo nel 2017, a Ghisalba (BG) e tu hai appena aperto un live di Giaime. È nato lì il vostro rapporto?
“Lì non ci conoscevamo ancora, ci siamo incontrati quella sera. Quando mi scrisse, dopo l’uscita di “Fortuna” e “Ragazzini”, non si ricordava che gli avessi aperto un live.”
Un vero attestato di stima…
“Sì, infatti adesso siamo ancora in contatto.”
Durante il tuo momento di crisi, ti sei sentito abbandonato da qualcuno?
“Sì, anche se non so se è stato un abbandono da parte loro o da parte mia. Mi sono sentito solo: quando non sei lucido e sei preso da sentimenti come rabbia e odio non riesci a vedere bene la realtà delle cose e capire se effettivamente il problema sei tu o sono gli altri. Ho perso dei fratelli per colpa della strada, non sono morti in sparatorie, però la vita li ha portati a fare delle scelte che io non condividevo e che non volevo seguire. C’è stato più un mio rifiuto nei confronti di certe cose e di conseguenza di certe persone. Come diceva Marracash:
“Taglia i legami, uccidi i tuoi cari
Marracash – Nulla Accade
e riprendili solo quando da solo te la cavi”
“Giovane Profeta”, il tuo nuovo singolo, sempre prodotto da Retraz, che tipo di brano è? Va considerato un singolo a sé stante oppure l’inizio di un progetto più grande?
““Giovane Profeta” è la ripresa di un percorso e preannuncia altre robe su questa linea. Come pezzo è un manifesto, è un’introduzione di ciò che verrà dopo. È un brano crudo, rappato. Prima di procedere con altro avevo bisogno di riprendere chi ero nel profondo. Io vengo da quel mondo lì, dalla rabbia di chi è più svantaggiato e ho dovuto far riaffiorare questi sentimenti per poter riprendere con grinta e foga un percorso serio. D’ora in poi non ci saranno più pause: “Giovane Profeta” è l’inizio di un libro incredibilmente lungo e pieno di contenuti.”