Siamo nell’era degli album in uscita il venerdì. Di quei dischi che aspetti con ansia fino alla mezzanotte. Oramai anche un’ora in più. Qualcuno direbbe che l’attesa del tuo album preferito è essa stessa l’album. Eppure, siamo davvero sicuri che vada sempre così? Davvero la gente è disposta ad aspettare i tempi richiesti per avere nuova musica? La risposta è sotto gli occhi di tutti: purtroppo no. O almeno non sempre. La pirateria musicale è un fenomeno che esiste da anni. Pensiamo a piattaforme e siti come eMule, Megaupload, Freedsound, fino al nostro caro e amato Telegram. Questi ci hanno permesso, e ci permettono, di ottenere con estrema facilità infiniti brani in free download, in formato mp3. Delle volte anche in anteprima. Ma una cosa colpisce di tutto ciò: queste pratiche vengono percepite come normali, giustificate, e non come illegali quali sono.
In questo senso, negli anni, le proteste degli artisti coinvolti sono state numerose, così come le indagini delle forze dell’ordine per provare a fermare questo tipo di fenomeni. Ora la domanda è questa: quanto nuoce la pirateria musicale all’industria discografica e a tutti i suoi artisti?
Secondo un rapporto della Commissione Europea del 2013, la condivisione illegale di musica non danneggia affatto gli interessi del mercato musicale. Anzi. Stando a quanto riportato nel documento, pubblicato sulla piattaforma Scribd.com, le vendite non vengono per nulla intaccate. E i clic sui siti illegali, si traducono in più visite ai siti legali, anche se in maniera marginale.
Su una cosa però bisogna puntualizzare. Quando questo rapporto è stato pubblicato, Telegram non era ancora sul mercato. Quindi quest’aspetto, non trascurabile, ha inevitabilmente rimescolato le carte.
Telegram: il gran calderone dei contenuti pirata
Telegram sembra essere l’ambiente perfetto per far proliferare la pirateria. Un luogo digitale in cui la libertà di condivisione viene messa al primo posto. Soprattutto, uno spazio che assicura totale sicurezza ai propri fruitori. Basti pensare che tutti i dati sensibili sono criptati, così come oscurati risultano i numeri di telefono degli utenti. Ed è proprio questa apparente protezione che spinge molti ragazzi a creare canali in cui caricare album e brani musicali in free download. Molto spesso prima ancora della loro pubblicazione ufficiale. I cosiddetti brani leakati.
Vice, in un’interessante intervista del 2018, ha provato a fare un paio di domande ad uno dei tanti admin di queste pagine Telegram. E il ragazzo, reso anonimo, si è dimostrato in linea a ciò che viene affermato nel rapporto europeo proposto in precedenza. La pirateria, parole dell’admin, “Non nuoce così tanto agli artisti in quanto crea hype attorno al disco e all’artista, permette agli utenti di farsi un’idea dell’album spoilerato e di vedere se vale la pena andare ad un ipotetico instore o concerto che sia. Gli artisti non perdono così tanto profitto”.
Ora, lasciando da parte questo pensiero discutibile, è chiaro che la condivisione illecita dei brani e dischi in anteprima sia una pratica sempre più comune. E la lista degli artisti che si lamentano di questi fenomeni è praticamente interminabile. Tra i tanti, pensiamo al polverone mediatico creatosi in occasione della pubblicazione anticipata del brano Fuoco e Benzina di Emis Killa.
Ma come fanno gli admin Telegram a reperire le tracce prima ancora della loro pubblicazione? Il personaggio di una nota serie tv lo chiamerebbe Piano Nuova Zelanda. Detto semplicemente invece, viene sfruttato il fuso orario del paese citato, nel quale i brani escono su Spotify circa 11 ore prima. Basta dunque scaricare le canzoni dai server neozelandesi e il gioco è fatto.
Il crollo della pirateria e il ruolo delle piattaforme streaming
Una notizia che ci fa ben sperare arriva invece da un rapporto del 2019. I dati raccolti dalla Similarweb, per conto della FIMI, mostrano come la pirateria musicale in Italia stia subendo un notevole crollo. La diffusione abusiva di musica online, infatti, è scesa del 35% rispetto a marzo 2018. Se poi si va a ritroso di un ulteriore anno, il calo è di oltre il 50%. Oltre all’applicazione di leggi ad hoc, il merito di questo trend va sicuramente alle nuove piattaforme streaming disponibili sul mercato. Servizi come Spotify ed Apple Music riescono a combattere la pirateria, proponendo milioni di brani, online e offline, ad un prezzo più che vantaggioso. Certo, da soli non riuscirebbero a debellare il problema, ma possono dare un valido contributo.
Tiriamo allora le somme. La pirateria è un problema che attanaglia l’industria musicale da quando esiste internet e, anche se in calo, continua a persistere. Dall’altra parte, Telegram sforna senza sosta hit e album in anteprima assoluta, solo per placare la smania di molti. Ma questo non giova nessuno. E non solo perché si tratta di una cosa illegale, perseguibile dalla legge. Soprattutto perché, se davvero si tiene alla musica, o ad un preciso artista, è facile capire quanto il tutto sia sbagliato.
Si tratta di aspettare poche ore in più, per mantenere intatto il rispetto del lavoro altrui. Tutto qui.