La Città dei Fiori. Il palco dell’Ariston. I vestiti firmati. “Dirige l’orchestra il maestro Beppe Vessicchio”. E poi le tante, tante canzoni all’italiana: quelle che suonano con il solito “sole, cuore, amore”. Sì, parliamo proprio di Sanremo.
La sua settantunesima edizione, in partenza per il 2 marzo, è ormai alle porte. Ma tra i 26 big in gara, possiamo notare con piacere diversi nomi interessanti della scena urban tricolore. Quindi la domanda sorge spontanea: siamo di fronte ad un vero e proprio consolidamento tra il festival e il genere urban? E nello specifico, che tipo di spazio si è ricavato il rap a Sanremo nel corso degli anni?
La risposta vien da sola, ripercorrendo alcune tappe fondamentali della storia della celebre kermesse. Intanto, vediamo chi saranno i rappresentanti dello urban nella nuova edizione del festival.
Tutti i rapper in gara a Sanremo 2021
Guardando i partecipanti in gara, la settantunesima edizione di Sanremo promette di essere una delle più fresche e giovani. Tra artisti provenienti dai talent, e alcuni veterani della gara canora, ce n’è davvero per tutti i gusti. Ma focalizziamoci, come promesso, sugli artisti urban.
Quest’anno, tornerà sul palco dell’Ariston Ghemon, dopo aver partecipato a Sanremo 2019 con il brano Rose Viola. Sarà invece la prima volta per Random, giovanissimo rapper classe 2001, e per Willie Peyote. Gareggerà tra i big anche Fasma, dopo aver partecipato tra le nuove proposte della scorsa edizione.
Ma c’è grande attesa soprattutto per due nomi. La prima è Madame, che risulta essere la prima rapper donna in gara al festival. La giovane, a soli 18 anni, riesce così a ritagliarsi lo spazio che merita, probabilmente nel palco più prestigioso d’Italia. Il talento di Madame è cristallino e la sua veloce ascesa ne è la testimonianza. Lei che ha avuto anche ascoltatori di eccezione, come quando Cristiano Ronaldo condivise un paio di Stories mentre ascoltava la sua hit Sciccherie.
Il secondo nome degno di nota è Fedez. La sua è una partecipazione davvero inaspettata, soprattutto riascoltando alcune sue vecchie parole riguardanti il festival. In una vecchia intervista, infatti, durante la promo del disco “Comunisti col Rolex”, il rapper milanese aveva dichiarato:
“Forse è brutto dirlo: ma a Sanremo si va quando le cose non vanno bene, dispiace ma discograficamente è così”
Il video che ha fatto riemergere queste dichiarazioni ha fatto parlare tanti, ma Fedez ha prontamente risposto dicendo:
“Non credo che la coerenza sia una virtù, ho fatto tante cose incoerenti. Ma partecipare a Sanremo è dal mio punto di vista una cosa coerente con quanto detto in quel vecchio filmato che risale al 2014. Il 2021 è un anno problematico per la musica. Sanremo è l’unico palco vero, reale, dove poter cantare”
Insomma, per quanto la scelta del rapper possa risultare discutibile, effettivamente un filo logico ci potrebbe essere. Di sicuro, poter sfruttare le potenzialità mediatiche dei Ferragnez, in un format che prevede il televoto, potrebbe rivelarsi una scelta da non sottovalutare. In ogni caso, lasciando da parte calcoli e previsioni, Fedez gareggerà in coppia con Francesca Michielin, ricreando così il duo di Cigno nero. I due porteranno il brano Chiamami per nome.
Sanremo: quella volta che Eminem cantò sul palco dell’Ariston
Si sa che tra rapper e Sanremo non scorre di certo buon sangue. Il palco dell’Ariston è da sempre visto come qualcosa di troppo bigotto e vecchio. Tra poco, ripercorreremo tutti i punti di contatto tra il rap e il festival. Ma prima parleremo di un’apparizione alquanto epica.
Siamo nel 2001. La presentatrice dell’edizione è Raffaella Carrà. Ma quando viene annunciato il prossimo ospite della serata, la platea, così come tutta la nazione, sente questo nome: Eminem. Sì, proprio lui. Il rapper americano si è presentato sul palco con la sua crew D12, cantando le sue barre intricate e mostrando il dito medio a ritmo di musica. Si può facilmente immaginare quanto il pubblico in sala non abbia gradito la performance.
Il rap a Sanremo: tutti i precedenti
Eminem a parte, la stagione della svolta, che segnerà una tappa importante per il rap a Sanremo, è quella del 2014. In quell’anno, Rocco Hunt trionfò per la categoria giovani, premiato da una giuria in cui prese parte anche Dargen D’Amico. Poi fu la volta di Clementino, che partecipò nel 2016 e nel 2017, prima di cambiare strada.
Da lì in poi, il numero degli artisti urban non ha fatto altro che aumentare. Shade, Livio Cori, Briga, Achille Lauro, Junior Cally, Rancore, Anastasio ed Elettra Lamborghini. Senza dimenticare la vittoria di Mahmood a Sanremo 2019, con il brano Soldi prodotto da Charlie Charles e Dardust. Persino Gué Pequeno è salito sul palco, duettando proprio con lo stesso artista. E anche Salmo era stato invitato tra gli ospiti dell’ultima edizione, prima di essere sostituito da Ghali.
Insomma, sembriamo davvero di fronte ad un’inversione di marcia. Un esempio perfetto di come il rap, e in generale l’urban, stiano prepotentemente rientrando nei canoni di quello che viene definito il nazional-popolare. E chissà se quest’anno vedremo proprio un rapper sul primo gradino del podio…
Ascese o rovinose cadute: il festival come arma a doppio taglio
Diciamocela tutta. Per svecchiare Sanremo, sicuramente non bastano i rapper. Si dovrebbe lavorare più sul format, modificando e innovando dinamiche che persistono ormai da settant’anni. In ogni caso, il festival sembra rimanere una tappa fondamentale da un punto di vista discografico. Un trampolino di lancio, ma anche un rischio non indifferente. Pensiamo alle polemiche su Achille Lauro, o quelle su Junior Cally. Persino Salvini si era schierato contro quest’ultimo, accusato di scrivere testi sessisti:
“Mi vergogno di quel cantante che paragona donne come troie, violentate, sequestrate, stuprate e usate come oggetti. Lo fai a casa tua, non in diretta sulla Rai e a nome della musica italiana”
Le parole di Matteo Salvini
C’è da capire, allora, quanti vantaggi possa ottenere un rapper partecipando ad un festival come questo. Quanto Sanremo può rivelarsi una vetrina per gli artisti urban? Come dice Clementino, reduce delle sue due esperienze:
“Sanremo non è una vetrina, anche perché le vetrine noi le spacchiamo”