Possiamo affermare con certezza che negli ultimi cinque anni il mondo della musica urban italiana sia cambiato in maniera radicale: stili innovativi, sound sempre più contaminati e l’esplosione di un nuovo mercato musicale, che ha permesso al rap di ritagliarsi uno spazio importante anche all’interno di contesti notoriamente ostili al movimento, come trasmissioni radio o programmi televisivi. Se prima i rapper erano in qualche modo costretti a scendere a compromessi per ampliare il proprio bacino di utenza, ora questo non è più necessario: al contrario, oggi sono gli artisti pop che cercano in tutti i modi di entrare a contatto con il mondo urban. Questa ondata di cambiamento, culturale tanto quanto musicale, è stata etichettata con il termine: “Trap”.
Ma cos’è veramente la Trap?
LA “CULTURA TRAP”
“We the sound underground,
T.I. – Trap Muzik
like I’m rapping in a dope house”
Negli anni ’90, il termine Trap non era usato per indicare un genere musicale, bensì un luogo: la Trap house, il famoso “Bando” pluricitato nelle canzoni italiane. Nate ad Atlanta, le Trap houses erano abitazioni abbandonate, nelle quali le cellule criminali cucinavano e spacciavano sostanze stupefacenti di ogni tipo. Non è un caso che nello slang la parola “Trapping” significhi proprio: “Spacciare”. Vien da sé che, quando i trapper hanno cominciato a fare musica, abbiano riportato nelle canzoni le loro condizione di vita, raccontando le loro esperienze estreme ed utilizzando in alcuni casi i propri pezzi per comunicare con altri spacciatori o con i propri clienti. Tutto questo era possibile perché i brani circolavano negli ambienti undergound: i tempi dei Migos primi in classifica erano ancora molto lontani. Tornado alle Trap houses, va sottolineato un ultimo importante aspetto: i trapper non sono rapper, o meglio, non lo sono per forza. Negli ambienti Trap, il trapper è colui che cucina la droga e che la vende: ogni spacciatore di Atlanta era un trapper, mentre Big Boi degli OutKast, Master P, Young Jeezy e Gucci Mane sono dei rapper esattamente come lo sono Eminem e Jay-Z.
LA MUSICA TRAP
In un’intervista rilasciata per hotnewhiphop.com, T.I. ha rivendicato la paternità dell’intero genere: stando alle sue parole, questo sarebbe nato nel 2003 grazie al suo album “Trap Musik”. La caratteristica principale della musica Trap è la presenza dei suoni della Roland TR-808.

Questa è una drum machine progettata negli anni ’80 ed utilizzata per comporre le batterie di molti brani storici, sia della musica Hip hop, sia della musica elettronica in generale. La Trap si distingue per le atmosfere cupe, realizzate grazie a dei bassi profondi e alle sequenze di hi-hats. La parte melodica è solitamente molto semplice e le melodie risultano spesso minimali e ripetitive. Le basi Trap sono più veloci dei beat Boom Bap, tipici del rap delle origini, ma i brani nel loro complesso vengono spesso percepiti come lenti a causa dei flow che vengono utilizzati sopra le strumentali. Con l’evoluzione di questo sottogenere, anche il rapping ha subito delle variazioni, con i flussi che sono diventati sempre più simili a melodie cantate che rappate. A sopperire alle scarse abilità canore dei più, ci pensò un software nato nel ’97 con il preciso scopo di correggere i problemi di intonazione: l’Auto-tune, strumento che tuttavia non è imprescindibile per la realizzazione di un brano Trap.
LA TRAP IN ITALIA
Negli Stati Uniti, dopo il 2010, grazie al genio musicale di producer come Metro Boomin, la musica Trap diventò la nuova musica pop: artisti come Lil Wayne (uno dei precursori), Kanye West e, più avanti, Future, Travis Scott, Young Thug e i Migos cominciarono a dominare le classifiche americane. Nel frattempo, il sound Trap era arrivato anche in Italia e uno dei primi artisti a sperimentarlo fu Gué Pequeno, il quale, nel 2011, pubblicò il suo primo album da solita: Il “Ragazzo d’oro”. L’omonima traccia presenta notevoli influenze Trap, sia dal punto di vista musicale, sia per il contenuto del brano.
Una citazione la merita sicuramente Jesto, un altro dei primi a sposare questo sound in Italia e ad utilizzare il termine “Trappare” nelle canzoni. Per la prima esplosione del genere dovremmo aspettare il 2014/15 con la pubblicazione di “Cioccolata” di Maruego (e Caneda), ma soprattutto di “XDVR” di Sfera Ebbasta. Il rapper di Ciny, accompagnato dalle produzioni di Charlie Charles, venne notato in primis da Marracash e da Shablo, che da lì a poco diventerà il suo manager e con il quale fonderà più avanti l’etichetta BHMG. Con il suo omonimo album d’esordio, Sfera cominciò a scalare le classifiche e a collaborare con artisti internazionali del calibro di SCH e J Balvin. Il successo di Sfera e Charlie aprì la strada alla Dark Polo Gang e alla generazione “Bimbi”, termine coniato da Ernia in un’intervista con il quale possiamo raggruppare i più importanti artisti trap esplosi in quel periodo, come Ghali, Tedua, Rkomi e Izi, autori assieme a Sfera proprio della traccia “Bimbi”, prodotta da Charlie Charles.
IL DILEMMA DELLA TRAP
L’esplosione del genere ha fatto bene alle tasche degli artisti: il numero di contratti discografici è aumentato esponenzialmente e sono sempre di più coloro che possono dire di essere rapper di professione. Questo successo nasconde però un lato oscuro: i rapper sono i nuovi calciatori, pertanto, tutti i ragazzini oggi vogliono diventare rapper, ma non per un reale amore verso la musica o verso la cultura Hip hop, bensì per una banale ricerca di fama. La Trap in Italia è stata mal interpretata, convincendo un’intera generazione di rapper emergenti che basti ripetere gli slang sentiti nei pezzi americani per riuscire a sfondare nel mercato musicale. Alcuni si sono convinti che criminalità e droga siano gli argomenti tipici del genere, giustificando in questo modo la stesura di testi pieni di falsità e cliché. I rapper di Atlanta trattavano questi argomenti perché quella era la vita che conducevano e la musica per loro è sempre stata un modo per cercare di uscire da quelle situazioni: la Trap in America è una cosa seria e lo dimostra il fatto che purtroppo la morte di rapper più o meno famosi sia all’ordine del giorno.