“Dai un osso ad un cane, lascia un cane da solo. Lascia che un cane vaghi e troverà la strada di casa “. Così si vedeva Earl Simmons in arte DMX, come un cane aggrappato alla propria rabbia e voglia di emergere, emarginato ma sempre con la voglia di lottare. Una voglia che si è spenta con lui pochi giorni fa, quando è morto all’età di 50 anni a causa degli abusi di alcool e droghe.
Dopo la sua morte avvenuta a New York per arresto cardiaco, il catalogo dell’artista tra il 9 (giorno della scomparsa) e il 10 aprile scorsi ha registrato sui principali dispositivi digitali audio e video un incremento del 928%, per un totale di 74,7 milioni di passaggi on demand. Un dato impressionante, secondo le prime stime diffuse da MRC Data, la società di mercato alla quale l’edizione americana di Billboard si rivolge per compilare le classifiche di vendita. Tra le canzoni più richieste figurano successi come “Ruff Ryders’ Anthem”, “X Gon’ Give It To Ya”, “Slippin'”, “Party Up (Up In Here)” e “How It’s Goin’ Down” con Faith Evans. Un amore esploso dopo la tragedia.

BIOGRAFIA
Nato a Mount Vernon il 18 dicembre del 1970, il rapper ha passato l’infanzia presso Yonkers. Un periodo complicato, dove sopravviveva rubando e che formerà il suo carattere rendendolo impulsivo e manesco. A dargli un’alternativa fu l’hip hop, che iniziò a praticare nelle vesti di DJ e beatboxer prima approcciare il freestyle. Proprio con quest’ultimo iniziò a farsi un nome nell’ambiente, fino a quando la Ruffhouse Records (legata alla Culumbia Records) decise di metterlo sotto contratto nel 1992. Nonostante il sodalizio con l’etichetta non abbia portato particolari risultati, tranne la pubblicazione di un singolo, la carriera di Dark Man X era appena cominciata.
Con l’inizio del percorso musicale, i problemi di droga iniziati quando aveva appena 14 anni non diminuirono. Anzi proseguirono assieme a quelli con la legge, causati anche da un diagnosticato disturbo bipolare che non migliorò la situazione. Ma è questa la sua cifra: tanto tormentato quanto talentuoso. E il mondo lo scoprì a alle fine degli anni ’90. Nel 1998, infatti, pubblica per la Def Jam il suo primo album It’s Dark and Hell Is Hot. Il disco è un successo planetario, che venderà 4,8 milioni di copie solo negli USA valendogli 4 platini. Il disco di esordio di DMX raggiunse la prima posizione delle classifiche. E non sarà l’ultima volta.
Nel corso dello stesso anno pubblica anche il secondo album Flesh of My Flesh, Blood of My Blood, e come il primo riscuote grande successo. Altri 3 dischi di platino e una popolarità sempre crescente, che raggiunge il culmine con il successivo lavoro … And Then There Was X, uscito l’anno dopo. Stavolta i platini diventano 5, il suo massimo successo discografico. Dopo altri due album di successo che gli valsero altrettanti dischi di platino come (The Great Depression del 2001 e Grand Champ del 2003) DMX concluderà la sua esperienza con la Def Jam. Da questo ultimo album proviene uno dei suoi successi più noti “Where The Hood At?”, reso celebre anche sul web da una serie di meme comparsi negli anni recenti.
Tante soddisfazioni, ma anche molte ombre. Come anticipato, ha vissuto la sua vita finendo spesso in carcere per crimini come possesso di droga e armi, maltrattamento sugli animali, mancato rispetto della libertà vigilata, mancanza di pagamento degli assegni di mantenimento ai figli, furto, aggressione (sia a forze dell’ordine che a compagni di cella) e guida senza patente. I problemi con la giustizia hanno complicato la sua carriera, senza però fermarla del tutto. Bisognoso di redenzione per gli errori del passato, DMX si avvicina alla Bibbia e incide alcune canzoni, come “Lord give me a sign”, che suona come una richiesta di aiuto a Dio per potersi lasciare alle spalle il proprio passato burrascoso. Una rinascita purtroppo mai raggiunta del tutto, dato che le sue problematiche sono andate avanti fino all’ultimo giorno.
EREDITA’
Al netto delle controversie però, DMX ha lasciato un segno ben marcato. Non solo rapper iconico ma anche attore in diverse pellicole, DMX è stato uno degli artisti più riconoscibili e apprezzati del rap americano e mondiale. Ci lascia un’eredità musicale enorme, con 8 album ufficiali che racchiudono alcuni dei migliori brani hip-hop usciti nella cosiddetta “Bling Era” ovvero il periodo compreso tra il 1997 e il 2006.
Oltre alla discografia, sulle piattaforme streaming sono comparsi alcuni nuovi progetti. La raccolta della sua saga di skit Prayer, un altro best of e infine un omaggio fatto dalla sua etichetta X-Ray Records, che consiste in un brano inedito in suo onore. Una traccia dal sound aggressivo come molte delle sue, anche se qui si sfocia quasi nel rock, in cui però rimane il suo flow inconfondibile. Quello che lo ha reso grande.